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The Danish Girl (2015)

"Cosa ho fatto per meritarmi tanto amore? Non c'è niente d'aver paura ormai. Ieri notte ho fatto un sogno bellissimo. Ho sognato di essere una bambina nelle braccia di mia madre, lei mi guardava negli occhi e mi chiamava Lili."



Il film, tratto dall' omonimo romanzo di David Ebershoff, entra nelle sale italiane dopo la presentazione in Concorso alla 72° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, confermando ancora una volta il talento del regista Hooper che realizzerà inquadrature che paiono dipinti ad olio e proverà a colorare quanto più possibile l'intero schermo.


La storia racconta le vicende del pittore Einar Wegener, rinomato paesaggista danese, e di sua moglie, Gerda, interpretata dalla magnifica Alicia Vikander che permetterà al marito di trovare quella che si rivelerà essere la migliore versione di se stesso.


È proprio il signor Wegener infatti, che si renderà conto di non sentirsi a proprio agio nella sua tela più importante, il suo corpo, e che la sua vera identità risiede in un corpo che gli piacerebbe fosse femminile, vorrebbe adornarsi di lunghi vestiti a merletti, truccare le sue sopracciglia e camminare con i tacchi ai piedi.



In occasione di un evento pubblico in cui Einar indosserà abiti appartenenti alla moglie, la narrazione si indirizzerà verso il viaggio introspettivo che porterà il pittore a provare gusto nell'indossare abiti femminili e posare come una donna, ed è proprio in questo primo nodo della storia che comprenderemo la perfezione nella scelta di fare vestire ad una bellezza androgina come Eddie Redmayne, i panni di questo personaggio.


Questa presa di coscienza, complicherà non poco il rapporto con la moglie, che si dimostrerà essere il capo saldo dell'intero film. È proprio nella sua anima che risiede la sensazionalità di questa storia, che si preoccupa di raccontare con attenzione e maturità l'amore. Il film non è solo testimonianza della lotta all'ultimo sangue per trovare la propria identità ma è soprattutto una storia che parla d'amore e delle sue mille declinazioni: da un parte vi è l'immagine di un uomo che non si riconosce nel suo corpo e che si metterà nelle mani di un chirurgo per cambiarne l'aspetto, e dall'altro l'amore incondizionato di Gerda, la moglie, che pur di non abbandonarlo, rinuncerà alla realizzazione della propria fecondità e si sacrificherà per la sua felicità.


Tom Hooper è capace di raccontare le dita che scorrono lungo l'orlo del vestito bianco che farà comprendere al paesaggista la sua vera essenza, sublime delicatezza nelle mani di un uomo che si scopre, che accarezza timido un corpo estraneo che non gli appartiene.

Una serie di elementi fotografici e visivi di estrema eleganza e dolcezza, fanno dei dettagli, il punto forte della narrazione.


È il regista stesso che permetterà alla realtà di bucare per un'altra volta lo schermo, mostrandoci la femminilità di Einar, in ogni movimento impercettibile che il suo corpo compie, in un sorriso timido che spesso ha paura di rivolgere, in due mani affusolate che si poggiano su un viso fine e delicato.


-Martina Zullo, 4AL

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