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Le proteste a Hong Kong

"Non siete cinesi, ma britannici".

Queste le parole di Leung Chi Cheung, il cittadino filo-cinese, arso vivo dai manifestanti in difesa della democrazia di Hong Kong, ed ora ricoverato in gravi condizioni per le ustioni riportate. Il fatto, avvenuto lunedì 11 novembre a ben più di 20 settimane dall'inizio delle proteste, è solo uno dei tanti atti di violenza compiuti per le strade dell'ex colonia britannica. Iniziate il 9 giugno contro un emendamento alla legge sulle estradizioni -poi ritirata dal governo di Hong Kong il 24 ottobre-, le proteste si sono ben presto trasformate in aperta opposizione all'ingerenza sempre più forte del governo di Pechino.

A marciare per la città sono soprattutto i giovani che temono una stretta di Pechino sulle libertà democratiche, in una regione della Cina che rappresenta l'eccezione al regime imperante: Hong Kong è infatti una regione amministrativa speciale che gode di una sua moneta, un suo sistema politico e una sua identità culturale. E’ stata colonia britannica per 150 anni, dalla fine della prima Guerra dell’Oppio (Trattato di Nanchino 1842) al 1997, data stabilita nella negoziazione del 1984 tenutasi tra Cina e Gran Bretagna, per il ritorno di Hong Kong sotto la giurisdizione cinese. Gli accordi prevedevano che la Basic Law – il sistema giuridico di Hong Kong – garantisse per almeno 50 anni -fino al 2047 pertanto- tutta una serie di diritti come il diritto di manifestare, di libera stampa ed espressione. In realtà molti cittadini di Hong Kong sostengono che Pechino stia già operando ingerenze su quel fronte, cercando di ottenere al più presto un controllo totale sulla regione. È questo timore che ha spinto migliaia di persone a scendere nelle piazze della città, come già era avvenuto nel non lontano 2014 quando, a causa della decisione del Comitato nazionale del popolo di Pechino di riformare il sistema elettorale di Hong Kong, era stata attuata la "rivolta degli ombrelli".



Con il passare delle settimane i rapporti tra il governo cinese e i manifestanti sono andati via via incrinandosi. Il governo cinese, sin da metà agosto, ha inviato grossi contingenti militari, autorizzando dapprima la polizia all'utilizzo di lacrimogeni, idranti e manganelli, poi all'arresto di centinaia di manifestanti, che sono stati definiti terroristi.

L’analisi dei fatti porta ad un’amara previsione: sarà difficile che trovi spazio il desiderio di libertà delle giovani generazioni. Visto dal lontano Occidente, Hong Kong sembra un essere indifeso, solo di fronte al gigante cinese. Nei complicati equilibri mondiali, dove ormai la Cina svolge un ruolo di superpotenza, specie a livello economico, difficilmente ci sarà qualcuno che prenderà le sue difese.

17 novembre 2019

-Filippo Branni, 4B

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